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Licenziamento dirigente per attività extra: la sentenza

Con la sentenza del 05/11/2024 (RG 5430/2024), il Tribunale di Milano ha analizzato il caso di un licenziamento dirigente per un’attività extra-lavorativa. Il Tribunale ha escluso la giusta causa, ritenendo però fondata la ‘giustificatezza’ del recesso a causa della promozione di corsi personali ai propri sottoposti. Di conseguenza, ha condannato l’azienda al pagamento dell’indennità di preavviso, respingendo però la richiesta di reintegra e le altre domande risarcitorie.

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Pubblicato il 4 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Introduzione: Quando l’attività extra-lavorativa costa il posto

Il licenziamento di un dirigente è una materia complessa, governata da regole diverse rispetto al resto dei lavoratori. Ma cosa succede quando un manager, con un ruolo apicale e strategico, coltiva un’attività parallela? Può un ‘side hustle’, anche se inizialmente dichiarato, diventare motivo di licenziamento? Una recente sentenza del Tribunale di Milano (sentenza del 05/11/2024) fa luce proprio su questo delicato equilibrio, tracciando una linea netta tra condotte tollerabili e violazioni che minano il rapporto di fiducia, pur senza sfociare nella giusta causa.

I Fatti: Un Dirigente tra Azienda e Progetto Personale

Il caso riguarda un dirigente assunto con le mansioni di “Direttore Marketing e Digitale”. In fase di assunzione, il lavoratore aveva comunicato in modo trasparente di svolgere alcune attività extra-lavorative, tra cui la gestione di un progetto personale con podcast, la vendita di un libro e sessioni occasionali di career coaching. L’azienda aveva formalmente autorizzato la prosecuzione di tali attività, a condizione che non fossero in concorrenza.

Tuttavia, a distanza di tempo, l’azienda contesta al dirigente una serie di condotte, ritenendole una violazione degli obblighi di fedeltà e correttezza. Le accuse principali includevano:

1. Attività in concorrenza: L’attività di career coaching veniva ritenuta in concorrenza con una società del gruppo.
2. Abuso della posizione: Il dirigente avrebbe usato il suo ruolo e la sua immagine aziendale per accreditare il proprio progetto personale, ad esempio definendosi sul suo profilo LinkedIn ‘Chief Marketing & Digital Officer [Nome Azienda] | Author of [Progetto Personale]’.
3. Uso di risorse aziendali: La registrazione di video e podcast personali sarebbe avvenuta all’interno degli uffici aziendali e durante l’orario di lavoro.
4. Proselitismo verso i dipendenti: L’accusa più grave era quella di aver promosso attivamente un proprio videocorso a pagamento al suo team di lavoro, composto da circa 70 persone, attraverso la chat interna e creando un codice sconto dedicato.

Sulla base di queste contestazioni, l’azienda procedeva al licenziamento per giusta causa.

La Decisione del Tribunale sul licenziamento dirigente

Il Tribunale di Milano ha parzialmente accolto le ragioni del lavoratore, operando una distinzione cruciale. La Corte ha stabilito che:

* Il licenziamento per giusta causa era illegittimo.
* Tuttavia, sussisteva la ‘giustificatezza’ del recesso, un concetto applicabile specificamente alla categoria dei dirigenti.
* Di conseguenza, il Tribunale ha condannato l’azienda a pagare al dirigente l’indennità di preavviso (€ 112.219,14), ma ha respinto la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro.
* Tutte le altre richieste, incluse quelle per demansionamento, bossing e danni patrimoniali, sono state rigettate.

L’Analisi della Corte: Distinzione tra Giusta Causa e Giustificatezza

Il cuore della sentenza risiede nel modo in cui il giudice ha soppesato le diverse condotte del dirigente.

Condotte irrilevanti o autorizzate

Molte delle accuse mosse dall’azienda sono state ritenute infondate. L’attività di career coaching e la produzione di podcast erano state comunicate e autorizzate fin dall’inizio. Il Tribunale ha sottolineato che l’azienda non aveva fornito prove sufficienti per dimostrare che tali attività fossero diventate ‘continuative’ in modo eccessivo rispetto a quanto autorizzato. Anche l’uso del titolo aziendale su LinkedIn è stato considerato non idoneo a generare confusione, essendo le attività elencate in modo distinto.

Le condotte rilevanti: il confine superato

Il Tribunale ha invece giudicato disciplinarmente rilevanti due specifici comportamenti:

1. La promozione del corso al team: Aver usato la chat di lavoro per promuovere un proprio corso a pagamento ai propri sottoposti, seppur con toni amichevoli, è stato considerato una ‘commistione di ruoli e di interessi’ in violazione del dovere di correttezza e del codice etico aziendale. Questa azione ha messo i collaboratori, subordinati gerarchicamente, in una posizione di potenziale imbarazzo.
2. La registrazione di video negli uffici aziendali: Questo comportamento è stato visto come un’indebita sovrapposizione tra attività personale e lavorativa, nonché una distrazione delle energie lavorative.

Perché non è ‘giusta causa’? Il licenziamento dirigente e la ‘giustificatezza’

Nonostante la gravità di queste ultime condotte, il giudice ha ritenuto che non fossero sufficienti a integrare una ‘giusta causa’. Si trattava, infatti, di episodi puntuali che non erano idonei a ledere il rapporto fiduciario in modo così radicale da non consentire neppure la prosecuzione temporanea del rapporto.

Tuttavia, per la figura del dirigente, la legge prevede uno standard diverso. La giurisprudenza costante (richiamata in sentenza, es. Cass. n. 381/2023) stabilisce che il licenziamento di un dirigente non deve necessariamente costituire una ‘extrema ratio’. È sufficiente una violazione che ‘incrini l’affidabilità e la fiducia’ che il datore deve riporre nel suo manager. Le condotte rilevate, in particolare la promozione del corso al team, sono state considerate idonee a minare tale fiducia, giustificando così il recesso con preavviso (la cosiddetta ‘giustificatezza’).

Commento Finale: Lezioni per Manager e Aziende

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione. Per i manager con un ‘side hustle’, il messaggio è chiaro: la trasparenza iniziale è fondamentale, ma non è una licenza illimitata. È cruciale mantenere una separazione rigorosa tra la sfera professionale e quella personale. Usare la propria posizione gerarchica o le risorse aziendali per promuovere attività private, anche se in modo apparentemente innocuo, rappresenta il superamento di una linea rossa con conseguenze potenzialmente gravi.

Per le aziende, la sentenza ribadisce l’importanza di formalizzare in modo chiaro e dettagliato le autorizzazioni per le attività extra-lavorative e di vigilare sul rispetto delle condizioni pattuite. La distinzione tra giusta causa e giustificatezza è un elemento chiave nella gestione del rapporto con i dirigenti e richiede un’attenta valutazione della gravità della condotta prima di procedere con un licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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