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Supersocietà di fatto: quando il fallimento si estende

Con la sentenza n. 2083/2024, la Corte d’Appello di Venezia ha confermato il fallimento di una ‘supersocietà di fatto’ e, per estensione, dei suoi soci. Il caso riguarda un complesso schema di evasione IVA nel settore dei carburanti, dove diverse società e persone fisiche, pur formalmente distinte, operavano come un’unica entà per perseguire un fine illecito comune. La Corte ha stabilito che la commistione di patrimoni, la gestione unitaria e l’obiettivo condiviso di generare profitti illeciti sono elementi sufficienti a dimostrare l’esistenza di una supersocietà di fatto, legittimando così l’estensione del fallimento ai suoi membri illimitatamente responsabili.

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Supersocietà di fatto: un caso emblematico di fallimento esteso

Il concetto di supersocietà di fatto rappresenta una delle creazioni giurisprudenziali più interessanti e potenti del diritto commerciale, capace di andare oltre le apparenze formali per colpire la sostanza dei rapporti economici. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia (n. 2083/2024) offre un’analisi esemplare di questo istituto, confermando il fallimento di un complesso reticolo di imprese e persone fisiche che, dietro schermi societari distinti, operavano come un’unica entità per realizzare un imponente schema di evasione fiscale. Questo caso ci permette di esplorare quando e perché il fallimento di un’impresa può travolgere anche i suoi soci occulti.

I fatti di causa: un complesso schema di evasione fiscale

Al centro della vicenda vi è un’azienda attiva nel commercio di prodotti petroliferi. Il curatore del suo fallimento ha chiesto al Tribunale di accertare che l’impresa non era isolata, ma costituiva il perno di una più ampia supersocietà di fatto. Lo scopo di questa alleanza non era l’attività lecita di compravendita, bensì la sistematica evasione dell’IVA.

Il meccanismo fraudolento era tanto semplice quanto efficace: la società incassava dai clienti l’IVA calcolata anche sulle accise, ma poi, attraverso note di variazione fittizie, riduceva l’imponibile da dichiarare all’Erario, omettendo di versare decine di milioni di euro. Questo profitto illecito veniva poi distribuito tra i vari membri della società occulta.

La tesi del Tribunale: l’esistenza di una supersocietà di fatto

Secondo il Tribunale, confermato in appello, diverse società e persone fisiche avevano unito le forze per questo scopo. Le prove a sostegno di questa tesi erano schiaccianti:

Scopo Comune: L’obiettivo non era il commercio di carburanti (attività meramente strumentale), ma il conseguimento del profitto illecito derivante dall’evasione fiscale. Questo fine condiviso costituiva la vera affectio societatis*.
* Fondo Comune: I soci contribuivano in modi diversi. Una società metteva a disposizione un deposito strategico senza percepire un canone di locazione congruo; altre erano destinatarie di ingenti flussi finanziari privi di una reale giustificazione economica, configurandosi come una forma di distribuzione degli utili illeciti; le persone fisiche agivano come amministratori di fatto, dirigendo l’intero schema.
* Gestione Unitaria: Le decisioni strategiche erano prese in modo centralizzato dai promotori dell’accordo, che impartivano direttive a tutte le entità coinvolte, dimostrando l’esistenza di un’unica cabina di regia.

La decisione della Corte d’Appello sul fallimento della supersocietà di fatto

La Corte d’Appello ha respinto i reclami degli appellanti, confermando in toto la decisione di primo grado. I giudici hanno sottolineato che, per configurare una società di fatto, non è necessaria una struttura formale, ma è sufficiente la prova di un comportamento concludente da cui emergano gli elementi tipici del contratto di società.

Nel caso specifico, la commistione dei patrimoni, la confusione dei ruoli e, soprattutto, la convergenza verso un unico, fraudolento obiettivo economico hanno reso evidente l’esistenza di un’unica impresa collettiva. Di conseguenza, l’enorme debito IVA (oltre 100 milioni di euro) non era imputabile alla sola società veicolo, ma all’intera supersocietà di fatto, che è risultata insolvente.

Fallimento per estensione: perché sono falliti anche i soci?

Una volta accertata l’esistenza e l’insolvenza della supersocietà di fatto, il fallimento si estende automaticamente a tutti i suoi soci illimitatamente responsabili, ai sensi dell’art. 147 della Legge Fallimentare. Questo principio, noto come ‘fallimento per ripercussione’, non richiede la prova dell’insolvenza personale di ciascun socio. È il legame societario a determinare la loro caduta insieme a quella della società. Poiché la supersocietà di fatto era una società irregolare (non iscritta al registro delle imprese), tutti i suoi soci sono stati considerati illimitatamente responsabili.

Commento finale: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza lancia un messaggio chiaro: il diritto non si ferma alle apparenze. I giudici hanno il potere e il dovere di ‘sollevare il velo’ delle personalità giuridiche distinte per sanzionare comportamenti fraudolenti che si nascondono dietro complesse architetture societarie. Per gli imprenditori, questo caso rappresenta un monito sulla pericolosità di accordi occulti e sulla responsabilità che può derivare da una gestione intrecciata e non trasparente. La figura della supersocietà di fatto si conferma uno strumento fondamentale per tutelare i creditori e l’integrità del mercato, assicurando che tutti coloro che hanno partecipato a un’impresa comune rispondano delle sue obbligazioni.

1. Che cos’è una supersocietà di fatto?
È un’entità economica che emerge quando più società o persone, pur essendo formalmente separate, agiscono insieme con uno scopo comune, un fondo condiviso e una gestione unitaria, come se fossero un’unica impresa. Non è formalizzata, ma viene riconosciuta dal giudice sulla base di comportamenti concreti.

2. Quando il fallimento di una società si estende ai suoi soci?
Secondo il principio del ‘fallimento per ripercussione’ (art. 147 Legge Fallimentare), quando una società di persone (come una società di fatto) viene dichiarata fallita, il fallimento si estende automaticamente a tutti i soci con responsabilità illimitata, a prescindere dal fatto che essi siano o meno personalmente insolventi.

3. Un fine illecito comune è sufficiente per creare una società di fatto?
Secondo questa sentenza, un fine illecito (come l’evasione fiscale sistematica) può costituire l’oggetto sociale e la causa del vincolo associativo (affectio societatis). Se a questo si aggiungono elementi come la commistione di patrimoni e una gestione coordinata, il giudice può riconoscere l’esistenza di una supersocietà di fatto e dichiararne il fallimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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